viernes, 13 de febrero de 2009

Cancro, un test dice chi guarisce




Il risultato utile per selezionare le cure del tumore al colon retto

TORINONonostante i tagli, la ricerca italiana è in grado di togliersi ancora qualche soddisfazione. La buona notizia arriva dall’Istituto per la ricerca e cura dei tumori di Candiolo, dove Alberto Bardelli, professore universitario e direttore del laboratorio di genetica molecolare, ha annunciato la scoperta di un nuovo test molecolare, il «Kras», per valutare l'efficacia delle cure contro il tumore al colon-retto. Il terzo per diffusione nel mondo, un killer da 212 mila morti e un milione di nuovi casi all’anno in Occidente, di cui 35 mila in Italia. Il test, già approdato alla fase clinica e realizzato in collaborazione con Salvatore Siena, direttore oncologo dell’ospedale Niguarda di Milano, consente di conoscere con certezza su quali pazienti colpiti da metastasi funziona la cura più avanzata, a base di anticorpi monoclonali (Cetuximab e Paritumumab), in grado di aumentare di due anni la speranza di vita. Fino a pochi mesi fa si sapeva soltanto che nella maggior parte dei casi l’esito era negativo, mentre il 15 per cento dei malati rispondeva molto bene. Ora, prima di sottoporre i pazienti a cure invasive e costose (un singolo trattamento costa fino a 30 mila euro, mentre il test solo 220: è stato calcolato che solo negli Usa la scoperta farà risparmiare 700 milioni di dollari l’anno), è possibile individuare prima di procedere i casi in cui la terapia sicuramente non avrà successo, circa la metà. I ricercatori hanno scoperto che la cura non dà risultati quando la cellula tumorale presenta una mutazione del gene «Kras» o «Braf» e hanno messo a punto la procedura per scoprire quando è presente. Il test, la cui validità è stata riconosciuta dall’Agenzia europea per i medicinali e dall’Associazione degli oncologi americani, è già obbligatorio e il centro di Candiolo (dove oggi e domani si tiene un corso per i medici del Nord Italia) è stato indicato dall’Associazione italiana medici oncologi e dalla Società italiana anatomo-patologi come centro di riferimento in Italia, cui tutti gli ospedali potranno inviare campioni per la verifica della corretta procedura di analisi del Dna. «Questo è il frutto di due anni e mezzo di lavoro» ha spiegato Bardelli, la cui équipe è formata da undici ricercatori precari, che guadagnano da 1.000 a 1.500 euro al mese. «In futuro speriamo di estendere la cura anche in prima linea, ai pazienti senza metastasi».
di JACOPO D'ORSI

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