miércoles, 31 de marzo de 2010

Quando gli architetti giocano

Il prototipo del Museo del Qatar, ideato da Jean Nouvel
Dubai capitale visionaria del nuovo design



E' Dubai la capitale del nuovo design: shock visivi al posto delle metropoli



Dubai è il posto perfetto per costruire tutto dal nulla: nessun condizionamento estetico, niente città storiche, niente natura. Solo un deserto piatto, dove far lavorare una popolazione edilizia unica al mondo: un milione e mezzo di persone, di cui solo il 20% dotato della cittadinanza; poche donne, tanti giovani, età media intorno ai 25 anni.

La maggioranza è composta da immigrati: afgani, arabi, iraniani, indonesiani, pachistani, cingalesi, africani. Sono operai edili arrivati lì per costruire la nuova Disneyland del futuro, una città dei balocchi, tutta da visitare, e non abitare stabilmente, come sostiene Mike Davis, il sociologo americano. E con loro l'esercito delle domestiche, fianco a fianco ad escort e prostitute: dalla Russia, dalla Cina e da altri Paesi asiatici.

Gruppi di speculatori Ogni anno arrivano nell'Emirato Arabo oltre 10 milioni di turisti; sono esponenti di gruppi speculativi e immobiliari russi, indiani, americani, europei, o giovani professionisti di tutto il mondo, sia di uomini sia donne, perché a Dubai non vigono le medesime restrizioni dei Paesi islamici. Dopo l'11 settembre 2001 i capitali finanziari investiti in America sono ritornati di colpo nel Emirati Arabi Uniti. Così Dubai ha realizzato quella architettura che Rem Koolaas aveva teorizzato decenni fa in «Delirious New York», figlia del Luna Park di Long Island, e insieme lo Junkspace, lo «spazio spazzatura», come s'intitola un libro più recente del provocatorio architetto olandese, saturo di cose, oggetti, forme.

Le superstrade, che attraversano la stella filante degli Emirati Arabi Uniti, corrono tra due ali di grattacieli svettanti come in un fermo immagine di «Blade Runner», superfici specchianti dalle forme più bizzarre e strane. Si tratta di quella «società della trasparenza» che Maurizio Cecchetti ha stigmatizzato nel recente «Pelle di vetro». Il libro dell'antiarchitettura. Gli autori si chiamano Zaha Hadid, autrice del Museo di Dubai, astronave venusiana, e della Opera House, simile a una coppia casse acustiche a forma cuspidale; Tadao Ando, invece, firma l'Isola della Felicità, atollo artificiale a Abu Dhabi, un altro degli Emirati, e all'interno il nuovo Guggenheim di Frank Gehry, fianco a fianco con il Museo del Mare e il Museo dell'Arte Classica di Jean Nouvel.

Ma perché tutte queste «Archistar» corrono a Dubai a costruire al soldo del capitale finanziario più inquietante e oscuro del pianeta, per un sistema politico fondato sull'aristocrazia ereditaria, uno dei meno democratici del pianeta? E soprattutto perché costruiscono edifici la cui forma appare una fusione di sogni utopistici del Futurismo e di un'architettura-giocattolo, figlia diretta di una modellistica scultorea realizzata da fantasiosi allievi di una Accademia di Belle Arti? Cecchetti nel suo saggio sostiene che si tratta della fine della grande utopia modernista architettonica: essere la forma materiale e visiva della democrazia.

Motore di ricchezza
Come ha mostrato in una serie di reportage da Dubai, una giovane studiosa di architettura, Lucia Tozzi, la rendita fondiaria, reputata residuale, peso morto del capitalismo, dagli anni Novanta è diventata uno dei principali motori di ricchezza sui mercati finanziari, così da innescare i maggiori cambiamenti nel tessuto urbano, e non solo a Dubai, ma anche in Cina, e presto in India. Sarebbe stata l'esplosione della bolla immobiliare a dare via libera al trionfo del «Real estate» che domina oggi le Borse, e governa, senza governarli poi davvero, i flussi della popolazione mondiale inurbata, che da poco ha superato quella rurale nel Pianeta.

Gli architetti vanno dunque là dove c'è il denaro, là dove la possibilità di spenderlo per progetti faraonici non deve sottostare alle regole complesse e delicate della democrazia, dove autocrati, capi di partito, monarchi assoluti, oligarchie del petrolio possono realizzare sogni estetici che non hanno più a che fare con l'abitare e con il risiedere, bensì con il nomadismo mondiale, per cui la popolazione segue i flussi finanziari stessi e i suoi sogni architettonici.

Le costruzioni di Dubai e delle sue consorelle sono la realizzazione su vasta scala di architetture spettacolari che la generazione dei postmodernisti degli anni Ottanta del XX secolo non immaginavano neppure possibile. La città non pare esistere più. Al suo posto una serie di skyline, più o meno scintillanti, isolotti artificiali su cui atterrano jet privati, dove si praticano sport di ogni tipo, dove si cerca la felicità nell'abbondanza, nel lusso e nel piacere senza troppo ostacoli di natura fisica o etica. Sono le architetture dell'Es, in cui il principio del godimento - Godi! è la parola d'ordine della contemporaneità - è dominante.

Disagio e ansia
Uno dei teorici più acuti dell’architettura contemporanea, Anthony Vilder, docente a New York, sostiene che pieghe, bolle, reti, pelli, diagrammi, che determinano oggi le forme delle architetture globalizzate, sono l'effetto del disagio e dell'ansia che domina il mondo contemporaneo. L'effetto è la «deformazione dello spazio», il suo stiramento, la torsione e l'invaginamento delle superfici, segno tangibile che dietro ai sogni infantili dell'architettura contemporanea cova un'angoscia del vuoto difficile da colmare.

Marco Belpoliti

domingo, 28 de marzo de 2010

Il Fai delle meraviglie: 590 monumenti aperti al pubblico

Torna la Giornata di Primavera del Fai (Fondo Ambiente Italiano),


che per la 18/a edizione aprirà eccezionalmente questo fine settimana 590 monumenti tutte le regioni d' Italia. Saranno svelati bellezze e segreti di luoghi generalmente inaccessibili, palazzi, castelli, chiese, aree archeologiche, giardini, tra cui quest'anno figurano per la prima volta Palazzo Chigi a Roma, sede della Presidenza del Consiglio, Casa Verdi a Milano, Palazzo della Banca d'Italia a Firenze, il Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli, la Villa Romana di Casignana, a Reggio Calabria, Palazzo Grimaldi della Meridiana, un gioiello appena restaurato.

L'iniziativa, volta a sensibilizzare i cittadini alla conoscenza e alla tutela del patrimonio storico-artistico, coinvolgera' 225 localita', con una particolare attenzione per i paesaggi. Sono infatti previsti itinerari ed escursioni, come quella (a piedi, a cavallo o in bicicletta) che ripercorre i santuari francescani di Rieti o attraverso la Devotissima Ortigia, il suggestivo centro storico di Siracusa. O, infine, il quartiere medievale di Sanremo, nella parte alta, chiamato la Pigna.

La Giornata di Primavera, ha ricordato il presidente del Fai Ilaria Borletti Buitoni, ha richiamato fino a oggi oltre cinque milioni di cittadini e rappresenta ogni anno di piu' uno sforzo collettivo per salvaguardare e valorizzare le meraviglia d'Italia, che spesso nessuno conosce. ''Questa sara' un'edizione straordinaria per quantita' e qualita''', ha aggiunto, sottolineando che in 18 citta' sono previste visite guidate per cittadini stranieri li' residenti con traduzioni nelle loro lingue.

La manifestazione e' stata sponsorizzata anche quest'anno da Wind, che dal 1999 sostiene l'iniziativa e che quindi, ha proseguito il presidente del Fai, ''non da solo il suo contributo, bensi' condivide il senso di questa opera di sensibilizzazione''. ''Conosci il tuo patrimonio e impara ad amarlo e proteggerlo'', e' dunque lo slogan della Giornata di Primavera 2010, in cui l'accesso gratuito ai monumenti si trasforma, ha spiegato il direttore generale Marco magnifico, in una ''visita a contributo libero''. Non c'e' ovviamente obbligo, ma anche un solo euro bastera' a contribuire al finanziamento delle innumerevoli attivita' del Fondo per l'Ambiente Italiano, cui sono stati affidati nei 35 anni di vita palazzi, ville, parchi da salvaguardare e riportare alla fruizione del pubblico. ''Il Fai e il ministero dei Beni culturali sono come gemelli, hanno lo stesso scopo della difesa del patrimonio e della conservazione della bellezza'', ha detto il ministro Bondi, aggiungendo che il Fondo e' ''il migliore esempio di gestione privata di un bene pubblico'', in questo caso i siti di importanza storica e artistica da esso presi in consegna. ''La reale unita' d'Italia - ha concluso Magnifico - e' la varieta' e la ricchezza del patrimonio culturale, che sara' raccontata proprio dai monumenti aperti per la Giornata di Primavera''.

viernes, 26 de marzo de 2010

Le Combinazioni Alimentari

Le Combinazioni Alimentari Febbraio 2010
Come combinare insieme i cibi per digerirli correttamente

Contrariamente a quanto si pensa, lo stomaco non è una lavatrice!
Ingerire cibi diversi sulla base del presupposto che ‘tanto poi lo stomaco digerisce tutto’ significa compromettere seriamente le funzioni di questo organo e della salute in generale.
La digestione è un delicato processo che si basa su precise leggi chimiche. La Chimica è una scienza esatta e non ammette eccezioni. Ciò significa da un lato che se conosciamo queste leggi possiamo serenamente aver fiducia nel funzionamento del nostro corpo, e dall’altro, che se le infrangiamo, le conseguenze saranno inevitabili.
Stomaco, bocca e intestino producono oltre 300 succhi digestivi; ne deduciamo che la digestione è estremamente selettiva in quanto quasi ogni categoria di cibo ha il proprio succo digestivo. Questi succhi si dividono in due grandi categorie: quelli che si attivano e funzionano in ambiente acido e quelli che – al contrario – funzionano in ambiente basico o alcalino.
Una spiegazione dettagliata dell’acidità/alcalinità e del Ph esula dal nostro articolo, però possiamo dire in modo molto semplice che se mescoliamo una sostanza acida con una basica, l’effetto finale è molto simile a quello dell’acqua calda con quella fredda: le due si annullano.
Da questo semplice principio ne consegue che se mangiamo insieme un cibo che richiede una digestione acida con uno che invece ha bisogno di un ambiente alcalino, l’effetto finale sarà che nessuno dei due verrà digerito! La Pepsina è il succo gastrico che digerisce tutte le proteine (quindi, la carne, il pesce, i formaggi, le uova, le proteine vegetali ecc.) e richiede un ambiente acido per attivarsi (e difatti lo stomaco produce uno 0,3% di acido cloridrico). La Ptialina è il succo che digerisce gli amidi (quindi, cereali, pasta, pane, patate ecc.) e per funzionare richiede un ambiente basico.
Cosa succede se ad esempio mangiamo pane e salame? Il corpo deve produrre acidità per il salame, e contemporaneamente un ambiente alcalino per il pane… le due azioni avranno come risultato un effetto nullo, con la conseguenza che nessuno dei due succhi digestivi si attiverà e né il primo né il secondo alimento verranno digeriti.
Giungiamo così al primo e più importante principio della digestione: non abbinare insieme proteine con carboidrati. Siamo consapevoli di quanto sia difficile mettere in pratica questa regola perché la nostra cucina mediterranea ha moltissime ricette che uniscono proteine con carboidrati (pane e formaggio, polenta e salciccia, pasta al ragù, pesce con patate, frico [Ndr Il frico, è un piatto friulano originario dei monti della Carnia, la cui base è composta di patate e formaggio Montasio] – solo per fare alcuni esempi). Possiamo rimanere increduli di fronte a ciò, ma non dimentichiamoci che in natura non esistono cibi che abbinano insieme proteine e carboidrati (ad eccezione dei legumi che difatti vengono digeriti con fatica), oltre al fatto che gli animali tendono a mangiare separatamente queste sostanze (gli uccelli ad esempio mangiano vermi o semi in pasti diversi, anche i gatti di casa separano il ragù dalla pasta).
Sempre in tema di acidità/alcalinità, un'altra regola fondamentale è di non mangiare frutta durante i pasti, soprattutto con i carboidrati, perché tutta la frutta viene digerita nell’intestino, e se invece deve rimanere ferma nello stomaco per la digestione degli altri cibi, fermenta e produce ulteriore acidità che impedisce la digestione dei carboidrati, e anche rovina a lungo andare le delicate pareti dello stomaco e dell’intestino, producendo infiammazioni che se diventano croniche si trasformano in gastriti e coliti. La frutta è un’ottima fonte di vitamine, zuccheri e sali minerali, e non dovrebbe mai mancare nell’alimentazione quotidiana. Il modo migliore per mangiarla è a colazione, oppure prima dei pasti.
Terza importante regola: non abbinare insieme sostanze acide con i carboidrati, sempre per la stessa ragione. Qui il problema sta soprattutto nei pomodori e nella salsa di pomodoro, usata abbondantemente per condire la pasta, la pizza ecc. Il pomodoro è un frutto acido (al pari del kiwi e degli agrumi) e non una verdura come comunemente si pensa. Usarlo in tal senso significa fare un errore grossolano con conseguenze negative per la digestione e la salute in generale. Aggiungiamo che questi frutti – se non perfettamente maturi – contengono una sostanza velenosa, la solanina, e per questo andrebbero consumati solo in stagione, ossia d’estate, e con la certezza che siano stati raccolti completamente maturi, perché è il sole che elimina questa sostanza.
Lo spazio limitato per questo articolo non ci consente di approfondire l’argomento delle combinazioni alimentari, ma fortunatamente esistono tantissimi libri e pubblicazioni valide che possono servire per comprendere bene questi principi basilari.
L’alimentazione moderna si caratterizza soprattutto per l’abbondanza e la varierà degli alimenti a disposizione. Da un lato, ciò è una fortuna perché ci mette a disposizione una ricchezza impensabile solo un secolo fa, ma dall’altro occorre conoscere attentamente le qualità e le caratteristiche di tutti questi cibi per non combinarli in modo scorretto e rendere così estremamente difficile la digestione.

Nadia e Giacomo Bo

"21x21. 21 artisti per il 21° secolo" fulmini e saette per l'arte d'oggi

Alla Fondazione Sandretto 21 giovani talenti raccontano con "genialità malinconica" i percorsi creativi del ventunesimo secolo

"Mi hai visto prima?" E' il titolo dell'opera di Paola Pivi, un orso di piume


TORINO
Avremmo potuto fare una rassegna più o meno “tradizionale” mettendo Cattelan e altri big, ma ho preferito rischiare con una ricognizione sulla giovane arte italiana di oggi». Così Francesco Bonami spiega le scelte di «21X21», la mostra che si apre oggi pomeriggio alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo: in occasione del centenario della Confindustria propone le opere di «21 artisti per il 21° secolo» più una personale di Alberto Garutti. Tra questi 21 artisti alcuni sono già affermati a livello internazionale, ad esempio Paola Pivi, Patrick Tuttofuoco, Giuseppe Gabellone, Roberto Cuoghi, Diego Perrone, altri sono più o meno intorno ai trent’anni, la loro ricerca è ancora agli inizi e forse proprio per ciò ancora più interessante.

Si può individuare una tendenza o un filo che lega i lavori di questa nuova generazione? «Io parlerei - spiega Bonami - da un lato di ritrovata manualità e dall’altro di una sorta di genialità malinconica. La genialità porta a guardare al futuro e sperimentare, la malinconia è uno sguardo che tiene conto del passato: è lo stesso mix che ha fatto grande l’industria italiana dell’ultimo secolo». Un esempio di cosa si possa intendere per genialità malinconica l’offre l’opera di Matteo Rubbi (classe 1980). Lui ricrea il logo di Italia 61, la grande kermesse sul Centenario dell’Unità, e per l’occasione distribuisce copie della Stampa del 6 maggio di quell’anno, quando il Presidente Gronchi inaugurò la manifestazione. Oppure il lavoro di Ian Tweedy (classe 1982, nato in Germania ma vive a Milano): ha creato un grande collage con immagini d’epoca sulle imprese dei dirigibili e su un muro ha dipinto in scala 1 a 1 un albero fra i cui rami sembra essersi posato o perduto un maggiolino Volkswagen. La memoria delle sculture sovente orrende che sovrastano le rotonde stradali viene rivisitata dai grandi pannelli, quasi fanta-archeologia, di Santo Tolone. Rossella Biscotti ha realizzato videoinstallazioni sulla tragedia di Cernobyl, partendo dal film d’un giornalista russo. Questi, per testimoniare l’eroismo dei primi soccorritori, girò un documentario poche ore dopo l’esplosione: le radiazioni nel corso degli anni si sono rivelate letali per lui e per metà della troupe.

Quelle radiazioni hanno lasciato macchie qua e là sulla pellicola e questo crea una sorta di corto circuito con le immagini create di Elia Cantori (classe 1984), facendo esplodere petardi sulla carta fotosensibile. L’effetto è sorprendente perché i colori sembrano quelli di alcune pubblicità Anni 60 di Armando Testa. La ricerca di Cantori in qualche modo sposa arte e scienza, e il connubio ritorna anche in altre installazioni. Si va da Rosa Barba che prende spunto dai fenomeni di subsidenza, ossia il lento sprofondare del terreno nei luoghi dove ci sono stati scavi minerari, ad Alberto Tadiello che costruisce una sorta di grande tromba (sembra un po’ quella del marchio «La voce del padrone») dalla quale sperimenta il fastidio di un suono lacerante. La memoria si fa antropologia in Giulio Squillacciotti, che raccoglie immagini e documenti sulla scena punk romana degli Anni 80. A volte le tracce del passato si confondono in oggetti contemporanei: è il caso dei tavoli cui dà vita Martino Gamber facendo a pezzi storici mobili di Giò Ponti, oppure della struttura in legno che Ludovica Carbotta assembla ispirandosi alla cupola della cappella della Sindone del Guarini. Antropologia e nuove tecnologie nel film di Alterazioni video, dove un viaggio in Africa fa scoprire riti arcaici eseguiti da gente che però usa il cellulare.

Il rapporto fra arte e scienza è anche al centro di Temporali, l’installazione di Alberto Garutti che campeggia nella sala a lui dedicata. Al soffitto è appeso un grande lampadario («Ma io preferisco chiamarlo oggetto luminoso» spiega l’artista) fatto di alcuni cerchi di legno con tante lampadine che un po’ rimanda alle luminarie delle feste di paese. L’«oggetto luminoso» si accende ogni qual volta sul suolo italiano si abbatte un fulmine: il marchingegno è infatti collegato via Internet alla rete del Cesi, il centro di rilevamento dei fulmini. «È un modo - spiega ancora Garutti - per far pensare al cielo e ai suoi enigmi. Sul nostro capo succedono cose che noi non immaginiamo. All’artista tocca lanciare esche per richiamare in qualche modo l’attenzione su questi fenomeni». Accompagnano Temporali quattro grandi quadri che ripropongono il percorso di altrettante passeggiate fatte dall’artista, per raggiungere vari luoghi della città. Hanno qualcosa dello spartito musicale quelle sottili linee nere che si avvolgono su se stesse su un fondo rosa. «Mi piace l’idea di lavorare per una committenza - dice ancora Garutti -. In fondo nella storia dell’arte è sempre stato così, solo che un tempo l’unico committente era la Chiesa, oggi il vero committente è il visitatore di una mostra».

Oggi l'inaugurazione della mostra
La mostra «21x21. 21 artisti per il 21° secolo + Alberto Garutti», curata da Francesco Bonami (nella foto), si apre oggi alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Realizzata dalla stessa Fondazione e promossa da Confindustria e Unione Industriale di Torino, vuole sostenere la produzione artistica e il percorso dei giovani talenti: «Molte opere sono state prodotte da noi - spiega Patrizia Sandretto Re Rebaudengo - . Ci siamo assunti il rischio di puntare sull’innovazione in campo artistico». La mostra rimarrà aperta fino al 31 agosto.



Rocco Moliterni

miércoles, 24 de marzo de 2010

Pasta mantiene sani, aiuta a prevenire cardiopatie e diabete tipo 2

Argomenti correlati: pasta, prevenzione, salute


La pasta mantiene in salute. La regina delle tavole del Belpaese, infatti, può aiutare a prevenire le cardiopatie o il diabete di tipo 2, ha scoperto un gruppo di ricercatori finanziato dall'Unione europea.

"Se la dieta mediterranea in senso lato - afferma Alfio Amato, dell'unit operativa di Angiologia e malattie della coagulazione del policlinico universitario S.Orsola-Malpighi di Bologna - è riconosciuta come un metodo di prevenzione delle patologie cardiovascolari, nella popolazione più vasta e in particolare nei soggetti a rischio vascolare già noto, la predilezione per la pasta nella dieta quotidiana determina una riduzione sia della presenza che dello sviluppo delle lesioni vascolari maggiori, documentabili con diagnostica ad ultrasuoni".

Anche di questo si parlerà a PastaTrend, il primo salone interamente dedicato a rigatoni, spaghetti e quant'altro, che si terrà a Bologna Fiere dal 24 al 27 aprile (www.pastatrend.com).

Diversi studi, inoltre, hanno dimostrato che l'assunzione sia di frumento integrale che di fibre alimentari di cereali può proteggere dalle malattie croniche spesso dovute alle abitudini sedentarie. Lo scopo del progetto 'Healthgrain' (Exploiting bioactivity of European cereal grains for improved nutrition and health benefits) - che sarà presentato a PastaTrend, il 26 aprile alle 14.30 - è comprendere le attese e gli atteggiamenti dei consumatori, e condurre ricerche avanzate sui composti di frumento integrale che proteggono la salute.

Lo scopo finale del progetto è quello d'ispirare alimenti sani, gustosi e convenienti che contengano questi componenti protettivi in maggiore quantità e posseggano la capacità di prevenire - o addirittura di contrastare - differenti tipi di malattie.

Sono coinvolte oltre 40 organizzazioni di 15 Paesi europei, con un finanziamento di 10,81 milioni di euro.

martes, 23 de marzo de 2010

Sciroppo d'acero per il benessere


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Diversi composti di questo rimedio avrebbero proprietà anticancro, antidiabete e antibatteriche


Sono addirittura 20 i composti chimici trovati nello sciroppo d’acero che ne farebbero un rimedio per la prevenzione di alcune patologie e per mantenere una buona salute. Alcuni di questi composti – 13 per l’esattezza – sarebbero stati scoperti solo di recente e altri 8 solo adesso, per la prima volta, nonostante alcune popolazioni come per esempio quella canadese considerasse fin dai tempi remoti lo sciroppo d’acero un ottimo supplemento per il benessere.

Ora, i ricercatori dell’Università di Rhode Island (Usa), coordinati dal dottor Navindra Seeram, hanno scoperto che molti di questi composti antiossidanti recentemente identificati nello sciroppo d’acero sono anche ritenuti avere effetti anticancro, antibatterici e antidiabetici.
Un rappresentante della federazione delle imprese produttrici di sciroppo d’acero del Canada si è detto entusiasta di questo studio e ritiene che questa scoperta possa far comprendere meglio le qualità gastronomiche e salutari dei prodotti a base di acero del Canada. «Non è solo per il Canada, ma per il benessere dei consumatori di tutto il mondo», ha dichiarato infatti Serge Beaulieu, Presidente della Federation of Quebec Maple Syrup Producers,.

I risultati dello studio sono stati presentati al convegno annuale della American Chemical Society a San Francisco dal dottor Seeram e sono stati commentati ricordando che i risultati delle ricerche recenti rivelano tutta una serie di composti bioattivi che promettono di offrire molti benefici per la salute. Il viaggio verso la comprensione di questi benefici è appena iniziato.
I ricercatori ritengono che la pianta d’acero quando viene incisa per ricavarne la linfa, questi attui un meccanismo di difesa che secerne composti fenolici; in realtà il succo di per sé non conterrebbe che basse concentrazioni di questi composti.
Il fatto curioso, fa notare lo scienziato, è che la gente normalmente non associa un prodotto dolce, anche se utilizzabile in alternativa allo zucchero, a un prodotto per la salute. Ma in genere lo si considera unicamente come un qualcosa da prendere con moderazione o in occasioni particolari. Qui invece, si potrebbe consigliare di metterlo sopra le frittelle per ottenere un effetto sulla salute, ha poi concluso.

sábado, 20 de marzo de 2010

Khoudary: "Colleziono il passato per dare a Gaza un futuro"

Jawdat Khoudary interrompe spesso il discorso, gli occhi semichiusi. Quando le palpebre si risollevano, l’occhio brilla e la frase, finalmente matura, fonde in bocca: «La mia missione è mantenere la speranza che un futuro meraviglioso sia possibile a Gaza». Offre un mandarino del suo giardino, prende un’altra sigaretta, sprofonda il suo corpaccione nel divano e continua la storia della sua vita, la storia di Gaza. Ne è ispirato, letteralmente: le vetrinette di legno scuro del salotto orientale rigurgitano di oggetti che testimoniano la ricchezza del patrimonio sei volte millenario di Gaza, che lui da vent’anni ritrova e colleziona: «Siamo una città e una civiltà molto antiche, ma tutti gli occupanti - egiziani, turchi, britannici, israeliani, per non parlare dei più antichi - hanno saccheggiato la nostra eredità storica».

A cinquant’anni Jawdat Khoudary è un uomo ricco - forse il primo impresario edile e appaltatore di lavori pubblici in Palestina - ma in lui c’è dell’altro: una passione febbrile per far risorgere dal passato lo splendore culturale della sua terra natia. «La mia più grande preoccupazione è che la nuova generazione è isolata, mentalmente e geograficamente, dal resto del mondo. Io devo aiutarla a ritrovare le sue radici».

È un innamorato pazzo, un esteta e al tempo stesso un astuto uomo d’affari, con amici che colma di doni e dei quali sa servirsi. Anis Nacrour, un diplomatico francese, ex consigliere per la cooperazione culturale a Gerusalemme, lo conosce bene: «Jawdat è un mecenate che sa far fruttare la sua fortuna, lavora duro e assume rischi. Ha saputo costruirsi buone entrature con Hamas e con l’Autorità palestinese, con gli israeliani e con gli americani». E di buone relazioni occorre averne, quando lo scopo della vita è salvare il passato archeologico di un territorio alla deriva, governato con pugno di ferro da Hamas e strangolato economicamente da Israele.

Tutto comincia nel 1986 con il ritrovamento, in mezzo ai calcinacci, di un medaglione omayyade che è diventato il suo talismano. Con un amico, Jawdat crea una società di ingegneria civile, la Saqq&Khoudary, oggi assai prospera. I cantieri si susseguono, il denaro arriva in fretta grazie ai contratti con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e con l’Agenzia Internazionale di Sviluppo degli Stati Uniti (Usaid) di cui diventa, curiosamente, l’unico fornitore.

Passeggiando lungo i viali del suo giardino lussureggiante, adorno di colonne romane e greche, capitelli, palmeti e limoneti, Khoudary racconta dei casuali ritrovamenti archeologici nei suoi cantieri edilizi. Anche il mare diventerà un’altra fonte inesauribile di vestigia, che i pescatori di Gaza tirano su nelle loro reti. Lui li incoraggia e la pesca alle anfore diventa miracolosa.

Khoudary possiede ormai un tesoro di oggetti che risalgono all’epoca fenicia, assira, persiana, greca, romana, bizantina, islamica. Ma sarebbe rimasto un collezionista privato, di quelli che le sovrintendenze accusano di fare man bassa del patrimonio nazionale, senza un incontro. Che ebbe luogo nel 1996, a Gaza. Padre Jean-Baptiste Humbert, domenicano e archeologo, è professore alla Scuola Biblica di Gerusalemme. Nulla hanno in comune, il collezionista bulimico e lo scienziato erudito, tranne una passione: salvare quello che si può del patrimonio archeologico di Gaza. Dalla loro collaborazione nasceranno una mostra a Ginevra, nel 2007, e un Museo privato a Gaza l’anno dopo.

La mostra ginevrina è stata un successo ma l’ambizioso progetto di creare un Museo Nazionale a Gaza è congelato: il blocco israeliano, le rivalità tra Hamas e Fatah, l’astio del Servizio antichità dell’Autorità palestinese impediscono il ritorno delle opere. La città di Ginevra ha accettato di custodirle fino a quando non ci saranno tutte le condizioni perché la statua di Afrodite di marmo bianco, il gioiello della collezione Khoudary, possa ritornare sulla sponda del Mediterraneo. Aspettando quel giorno, Jawdat si dedica ai suoi affari e al suo museo, dove i bambini di Gaza imparano l’orgoglio di essere gli eredi di una delle più ricche culture del bacino mediterraneo.

Sulla riva del mare, a poca distanza dal campo profughi di Ash Shati e del confine con Israele, Al Math’haf (il museo, in arabo) fa parte di un complesso che comprende un ristorante panoramico e una sala conferenze. Tra qualche mese, grazie al cemento introdotto a caro prezzo lungo i tunnel del contrabbando scavati sotto la frontiera egiziana, un albergo di 36 stanze sarà pronto per accogliere una improbabile clientela... «A volte - dice pensoso Jawdat Khoudary - mi dico che sono pazzo a fare investimenti del genere, poi mi convinco che è una scommessa sul futuro di Gaza». La fortuna e una finezza tutta orientale nel trattare le persone l’hanno sempre aiutato. Ha davvero costruito una moschea per Hamas come prezzo per la sua libertà, come insinua un diplomatico britannico? È il volume dei suoi interessi finanziari in Palestina a spiegare la facilità con cui può entrare e uscire da Gaza?

La Striscia è diventata un’immensa prigione a cielo aperto, dove un milione e 400 mila palestinesi vivono in condizioni spesso miserabili. «Jawdat Khoudary - nota Jean-Yves Marin, direttore del Museo di Arte e Storia della città di Ginevra - ha capito che la costruzione dell’identità di un popolo passa attraverso un museo». Jawdat Khoudary resta a Gaza con la moglie e il figlio più piccolo per inseguire il suo sogno e dimostrare che, nell’avversità, Gaza resta in piedi di fronte al mare.

LAURENT ZECCHINI