viernes, 29 de mayo de 2009

Recessione solidale

Recessione solidale

Nella sezione “Money” del New York Times, ogni giorno c’è almeno un pezzo, una testimonianza su cosa fare, e come, per aiutare un amico che ha perso il lavoro. Per esempio usare la fotocopiatrice del proprio ufficio per stampargli il curriculum, oppure realizzare un bel profilo curato, divertente su Facebook, o magari invitarlo a una festa dove si è certi di poter individuare (e placcare) un manager importante.La depressione economica si combatte con la solidarietà, merce rara ma cruciale in questi anni di crisi. «Perché potrebbe capitare anche a te», spiegano gli esperti sulle pagine del quotidiano. Accade in America, accade da tempo in Francia e nell’Europa che torna a respirare un’aria pesante, da post guerra. «Potrebbe capitare anche a te». Una molla sufficiente per guardarsi attorno, prendersi cura degli altri. Quando si parla delle opportunità offerte della crisi, c’è anche questa: la nuova solidarietà, da recessione.
Daniela Amenta

martes, 12 de mayo de 2009

L'alcol responsabile di 1 caso su 4 di demenza


A rischio soprattutto le donne


ROMA

Alcol mangia memoria, e non solo nelle serate all’insegna dei bagordi e degli eccessi. Ben un caso di demenza su quattro, stando almeno a una ricerca britannica, potrebbe essere provocato dai drink. E a rischiare sarebbero soprattutto le donne, più suscettibili a livello cerebrale agli effetti dell’alcol. A puntare il dito è uno studio del londinese Maudsley Hospital, che ha guadagnato le pagine della rivista Alcohol and Alcoholism.Tra il 10% e il 24% dei 700 mila casi di demenza in Gran Bretagna, secondo i ricercatori guidati da Jane Marshall, potrebbe essere legato a doppio nodo con l’alcol. Alzheimer incluso. «La gente pensa che la demenza riguardi solo gli “over 65” - fa notare Marshall - in realtà, moltissime persone che non hanno ancora spento le 65 candeline hanno problemi cognitivi, e gran parte di questi casi è legato all’alcol».Più si inizia presto con i drink, assicura l’equipe di studiosi londinesi, e prima la memoria comincia a perder colpi. Per il gentil sesso, poi, le cose si complicano ulteriormente. «Le donne - spiega Irene Guerrini, una delle ricercatrici coinvolte nello studio - metabolizzano l’alcol in modo differente, con effetti tossici su cervello e organismo più in generale. Se una donna beve la stessa quantità di alcol di un uomo - puntualizza - può sviluppare complicanze più gravi». Ecco perché, gli studiosi chiedono maggiore attenzione sugli effetti dell’alcol a livello cerebrale, il più delle volte sottovalutati. Quando si parla di eccessi sul fronte dei drink, infatti, l’attenzione si focalizza soprattutto sulla salute del fegato. Anche il cervello, invece, richiede la massima attenzione: ecco un motivo in più per non alzare il gomito.

jueves, 7 de mayo de 2009

Giotto, il sacro si tinge di umano




Nei suoi dipinti la rivoluzione della cultura figurativa del '300

ROMA

Secondo Boccaccio era «il miglior pittore del mondo». E anche Dante ne riconosceva la grandezza. Ancora oggi Giotto è considerato il grande rinnovatore, colui che ha cambiato radicalmente il corso della civiltà figurativa dell’Occidente. Restituendo all’arte la grandezza antica che prima di lui, come lamentava ancora l’autore del Decamerone, «era stata sepulta». Ad Assisi e a Padova Giotto di Bondone ha lasciato i suoi capolavori, ma ha lavorato anche a Roma dove lo aveva chiamato Bonifacio VIII. Delle sue fatiche qui però non è rimasto nulla di significativo. E dunque questa mostra curata da Alessandro Tomei, finisce per essere il ritorno di un artista che ha in parte modificato anche la pittura romana del Trecento, nutrendosi proprio delle rovine e dei monumenti del passato. Dov’è arrivato, l’uragano Giotto ha lasciato un segno indelebile di un nuovo modo di concepire lo spazio e la figura all’interno di questo. È stato l’irrompere della verità, la riscoperta di corpi dai volumi definiti, l’attraversare un mondo divino che si esprime con gli stessi gesti dell’umanità chiamata a redimere. Indimenticabile è quello di disperazione di San Giovanni nel Compianto sul Cristo morto della Cappella degli Scrovegni. Giotto, come Dante, costruisce idealmente l’unità d'Italia intorno a uno stile, a un linguaggio, e la ricongiunge ad un’antichità gloriosa che si credeva perduta per sempre. Alla sua morte, avvenuta nel 1337 la pittura nella nostra penisola non è più la stessa (in mostra c'è una sezione documentaria curata da Alessandro Nicosia che ricostruisce il movimenti e l’attività dell’artista da Firenze a Roma, Assisi, Padova, Rimini, Napoli, Milano). E pur essendo l’artista simbolo del Medio Evo, Giotto spalanca le porte a un nuovo mondo. Il campanile che progetta a Firenze e la vicina cupola di Brunelleschi sembrano rappresentare visivamente la consegna del testimone nella corsa verso la modernità. Nato intorno al 1265 Giotto, com’è noto, è allievo di Cimabue dal quale riceve insegnamenti fondamentali come il cromatismo raffinato, dagli effetti di trasparenza quasi metallica, e la tendenza alla monumentalità che diventa una riflessione sullo spazio. Del maestro che Giotto avrebbe poi superato in fama e invenzione, in mostra c’è un’incantevole tavola che raffigura la Vergine che tiene in braccio il bambino. La rassegna documenta infatti anche l’attività degli artisti che gravitano intorno a Giotto, non soltanto pittori ma anche miniatori, scultori, orefici. Per un totale di 150 opere, di cui circa una ventina sono autografe del grande maestro. Alcune sono state restaurate per l’occasione come il Polittico di Badia, realizzato da Giotto tra il 1295 e il 1300, con la Vergine al centro circondata dai santi che occupano con sicurezza e senso della proporzione le gotiche cornici cuspidate. Sorprendente è anche il polittico conservato a Santa Maria del Fiore con la Madonna e il bambino che dialogano a sguardi e gesti e la parte posteriore che mostra Giovanni Battista e Maria Maddalena in un paesaggio roccioso da cui sembrano emergere, come se vi appartenessero. La grande rivoluzione di Giotto è pensare la pittura in tre dimensioni. Ma anche inserire all’interno delle sue scene frammenti di naturalismo quotidiano, come il meraviglioso drappo che avvolge la Madonna nella tavola che arriva dal Museo Diocesano di Firenze. Colpisce anche la qualità della scultura del tempo: si resta incantati dalla Madonna di Andrea Pisano che guarda il bambino semplicemente con l’amore e di una mamma e sembra fargli il solletico mentre quello ride felice. Un’opera che chiarisce come stia cambiando il rapporto tra l’arte e la religione: l’umanizzazione dei protagonisti delle storie sacre apre un nuovo capitolo nella nostra cultura visiva. L’altra grande svolta è la conquista da parte dell’artista di un ruolo sociale che lo allontana dall’artigiano trasformandolo sempre di più in un intellettuale. E di entrambi questi passaggi Giotto è stato il protagonista.

Lea Mattarella

GIOTTO E IL TRECENTO
ROMA, COMPLESSO DEL VITTORIANO
FINO AL 29 GIUGNO