domingo, 29 de agosto de 2010

"La nostra Disneyland terra di famiglie inquiete"

+ A me neanche piacciono i pirati SIMONE LAUDIERO
+ Dentro i confini del parco SIMONA SPARACO
+ Lo spirito giusto LUCA RICCI
+ Perla EMMANUELE BIANCO
+ Facciamo testa o croce CARLA D'ALESSIO




Cinque giovani scrittori della Scuola Holden reinventano la patria di Topolino. Tema ricorrente i contrasti tra padri e figli e il tentativo di ricomporli nell'oasi di fantasia e creatività




«Nananaaaa na na na na»: come capita in tutte le gite scolastiche, i partecipanti piuttosto speciali al viaggio a Disneyland che andiamo a raccontarvi a un certo punto hanno cominciato a usare, oltre a un lessico comune, anche una colonna sonora collettiva. Nel caso «la canzoncina It's a Small World», spiega uno dei cinque, Simone Laudiero, «che nel parco viene cantata non mi ricordo più se da un gruppo di uccellini, di scoiattoli o di soldatini di piombo». Piano piano, quel «na na na» è entrato in testa a tutti: contemporaneamente, le difese di chi all'inizio si mostrava scettico cadevano e il balsamo zuccherino della regressione infantile otteneva il suo infallibile effetto. L'idea che è venuta alla Disney è originale e anche un po' perversa. Prendi cinque scrittori italiani emergenti, quattro usciti dalla Scuola Holden e uno (Luca Ricci) che in ambito Holden lavora, e mandali nel parco di Topolino a Parigi per vedere l'effetto che fa. Poi mettili tutti a scrivere dei racconti, lasciandoli liberi di inventare quel che gli pare e mantenendo soltanto il vincolo della location. Titolo dell'operazione: «Raccontami un sogno».

Motivo della scelta dei cinque novissimi: la celebrazione del «Festival della nuova generazione», per marcare l'arrivo a Disneyland Paris, accanto ai characters storici, di personaggi più recenti e perfino in 3 D, tipo Buzz di Toy Story, Remy di Ratatouille e Tiana della Principessa e il ranocchio.I cinque frutti della gita scolastica li abbiamo qui: si chiamano Perla di Emmanuele Bianco, Dentro i confini del parco di Simona Sparaco, A me neanche piacciono i pirati di Simone Laudiero, Lo spirito giusto di Luca Ricci, Facciamo testa o croce di Carla D'Alessio. Qualcuno (Laudiero) gioca il registro del dietro le quinte, un altro (Luca Ricci) prende spunto dal paradigma disneyano dell'animale antropomorfo per costruire una puntuta favola darwiniana, dove Cip e Ciop non sono esattamente i batuffoli iperattivi che fanno impazzire Paperino, molti si trovano a mettere in scena una certa distanza emotiva fra bambini e adulti, magari con l'happy ending (Carla D'Alessio) magari no (Sparaco): tutti si dicono toccati dall'esperienza, forse perfino frastornati; può perfino essere che qualcuno di quei racconti finisca per essere il nucleo di un romanzo che compreremo fra due o tre anni in libreria.

Sparaco praticamente giocava in casa: «Del mondo Disney sono una fanatica, quando mi hanno fatto la proposta non ci ho pensato un minuto. Ero già stata nei parchi di Burbank, di Orlando e di Hong Kong, e naturalmente anche a quello di Parigi. Però non ci avevo mai dormito dentro, e invece quello fa la differenza, perché un conto è starci un pomeriggio e un altro tre giorni: il bello è perdere il senso della realtà». L'albergo che l'ha ospitata, l'Hotel Cheyenne in stile western, è entrato infatti nel suo racconto, porte da saloon, mezzogiorni di fuoco e tutto; mentre molti dei suoi compagni hanno subito il fascino del ristorante della principesse, praticamente un'eden per bamboline sugli otto anni.Per un'entusiasta, uno che all'inizio mostrava le sue riserve, ma che poi ha trovato una chiave interpretativa. Luca Ricci:«Se ti trovi in un mondo tutto artificiale, sostitutivo della realtà, la sfida sta nell'andare a pescare gli elementi di squallore che rimangono nel quadro: i bidoni della spazzatura, il bambino che piange.

Quando mi sono messo a scrivere, volevo mantenere l'equilibrio, essere leggero ma anche un po' cattivo». Raccontano i cinque che il momento clou è stato l'incontro con Laurent Cayeula, un signore sui 35 anni architetto e con esperienze di teatro, che alla Disney lavora come imagineer, e spiegare che cosa vuol dire è poi arrivare al nocciolo della faccenda, perché gli imagineer sono quelli che prendono un personaggio o un film Disney e li trasformano in attrazione. «Un esempio perfetto di storytelling», lo definisce Sparaco, e come altro chiamare il processo per cui «se decidi di mettere sulla Main Street un negozio di caramelle devi ricostruirti il personaggio del caramellaio, la sua storia, le sue motivazioni»? Roba che in Europa neanche ci sogniamo. «E questo è niente», aggiunge Ricci. «Lo sa che il parco è costruito in modo che si percepisca, dall'entrata al luogo dove sono le attrazioni, un rimpicciolimento in scala? Roba dell'altro mondo». Letteralmente. Da quando sono tornati, i cinque hanno cominciato a sognare in technicolor: forse anche i famosi elefanti di Dumbo, molto rosa e molto psichedelici.

Egle Santolini

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