miércoles, 14 de octubre de 2009

Il tempo è una voragine e la fiction è «Flashforward»


Il tempo è una voragine, e la televisione è la sua profetessa.
Il futuro è presente, il passato è futuro: non ce lo insegna solo qualche filosofo greco, lo dicono le più avanzate serie americane, che nel giro diuna generazione si sono poste d’imperio all’avanguardia della narrativa per immagini. Se negli anni recenti è stato Lost, ideato dal quarantenne JJ Abrams, a modificare geneticamente la natura della fiction televisiva (come ha fatto, sia pur in modo meno clamoroso, Heroes, in cui futuro, passato, storia narrata e fumetto si avviluppavano l’uno dentro l’altro), ora i naufraghi del volo della Oceanic in viaggio alla scoperta dei recessi della propria identità non sono più orfani. Il nuovo fenomeno seriale mondiale si chiama Flashforward, in Italia va in onda dal 5 ottobre su Fox, e come il suo predecessore è un nuovo cortocircuito spazio-temporale che promette di segnare un nuovo giro di boa nella cosiddetta lunga serialità televisiva: con in più, va detto,un caterva di effetti speciali degni del cinema kolossal più avanzato. I capoccia dell’emittente americana Abc ne sono talmente convinti, che ieri l’altro hanno annunciato di aver ordinato una stagione completa, ossia un totale di ben 22 episodi. La prima puntata - che è andata in onda nel nostro paese a soli dieci giorni dal debutto americano, caso più unico che raro - è già da antologia: il 29 ottobre 2009 tutto il mondo si ferma per due lunghi minuti. Un blackout globale, una sorta di catastrofe irradiata ad ogni angolo del mondo: perché ovviamente le macchinevanno a schiantarsi, gli elicotteri si sfracellano contro i grattacieli, i nuotatori in mareaffogano...maquesto non è niente. IL FUTURO È UN BUCO NERO Il punto è che in quel buco temporale, la mente di ognuno è proiettata di sei mesi in avanti: 29 aprile 2010 (o 30 aprile, a seconda del fuso orario, ovviamente). Quel che si è visto è reale, è veramente un pezzo di futuro, oppure no?E chi non ha «visto» niente, vuol dire che tra sei mesi è morto? Da qui prendono il via le avventure dell’agente Fbi Mark Benford, interpretato dall’ex Shakespeare in love Joseph Fiennes, e di una selva di personaggi tutti alla ricerca dei recessi più riconditi del proprio io, tutti sinistramente illuminati dai quei due minuti e diciassette di blackout che li ha sbalzati nel futuro. I bookmaker di cose televisivi non hanno dubbi: con queste credenziali Flashforward promette di surclassare Lost... anche nelle menti degli studiosi di cultura popolare, per i quali la nuova serialità si sta imponendo pure sul cinema, potendo espandere al massimo proprio l’elemento del tempo: che non solo viene dilatato o spezzettato, ma diventa esso stesso motore dell’azione. Un esempio interessante è In Treatment, in onda da domenica su Cult (canale319 di Sky), con il grande Gabriel Byrne nei panni di uno psicanalista: ogni puntata è una diversa seduta psicanalitica (e già questo apre di per sé il vaso di pandora delle possibilità narrative),maper esempio la prima consiste in un unico, infinito, dialogo. Una roba apparentemente lontanissima dallo standard americano - tutto tensione, colpi di scena e fulmicotonici movimenti di macchina - epperò formidabile dal punto di vista della scrittura: laddove si dimostra, ancora una volta, che la storia (o le storie, per quanto intrecciate e futuribili) sono tutto. In ogni tempo. PS. L’anno prossimo In Treatment avrà una versione italiana prodotta da Wilder insieme alla Rai4 di Carlo Freccero. Chissà, forse una speranza (per l’Italia) c’è.

Roberto Brunelli

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